
Cinque album del 2018 consigliati da Luigi Porto
Come ogni anno scambiamo qualche parola con l’amico e musicista italiano, residente a New York, Luigi Porto, che – ormai dal 2015 – ci consiglia i suoi album dell’anno preferiti, oltre a darci chiavi di lettura non allineate al pensiero unico per decifrare i recenti eventi culturali e politici. I suoi album preferiti del 2018 sono:
- John Prine – Tree of Forgiveness
- Yves Tumor – Safe in the hands of love
- Kamasi Washington – Heaven and Earth
- Muqata’a – Inkanakuntu
- Angelo Badalamenti – David Lynch – Thought Gang

Luigi Porto
Ciao Luigi, è un piacere incontrarti ancora una volta per quello che è un piacevole appuntamenti fisso di fine anno. Come è andato il tuo 2018, che progetti hai realizzato e quali hai in serbo?
Ciao Valerio, è un piacere per me come al solito. Il 2018 è stato un anno importante dal punto di vista professionale, ho appena finito di scrivere la mia prima opera, un lavoro molto grande e impegnativo che ha richiesto 5 anni, e parallelamente vado avanti con le registrazioni di un nuovo disco di canzoni scritte per la voce del soprano svedese Nefer Alexandra Linde, che sta lavorando con me in tanti altri progetti (anche l’opera di cui sopra), con ospite fisso il violinista italiano Emanuele Valle che insegna musica qui a NY, e poi in Italia Al the Coordinator, il solito Mirko Onofrio e tanti altri. Intanto in gennaio è uscito Maledette Rockstar dei Maisie, in cui ho suonato un po’ di strumenti e scritto la musica del brano Wilma e il Diavolo, e poi in Novembre Around the Piano World di Jasna Popovic, un progetto pianistico che coinvolge compositori da tutto il mondo e per cui io rappresento l’Italia, che Jasna sta portando al momento in tour per gli Stati Uniti. Adesso sto finendo di scrivere la musica del film italiano Arbëria e iniziando quella di Ulljan – The Knot, una coproduzione francese/indiana, le cui riprese inizieranno in gennaio. Oltre a questo, ho in programma un paio di première orchestrali qui a New York in primavera, e di imparare a suonare il violino entro la fine dell’anno prossimo – i miei vicini sperano che ciò accada prima.
Ah, il 2018 è stato anche l’anno in cui ho iniziato a collaborare con Angelo Badalamenti, che era uno dei miei idoli da ragazzino e che è anche presente nei miei 5 album del 2018.
Avrai saputo degli ultimi eventi tragici accaduti in Italia durante l’attesa del concerto del trapper Sfera Ebbasta, ti sei fatto un’idea della scena trap italiana (non solo musicale ma anche dello stile di vita che propongono) e del perché sia tanto seguita dai giovani?
Conosco poco e nulla del trap italiano per questioni anagrafiche soprattutto, non ho ovviamente nessuna stima musicale del fenomeno, sia perché non sopporterò mai l’autotuner (anche quando l’ha usato Lucio Dalla) sia a livello di contenuti – e non perché sia chissà come scandaloso, ma perchè rispecchia la totale assuefazione alla società capitalistica. Sbaglia chi dice “eh, ma la nostra generazione ascoltava Vita Spericolata”, I valori del rock erano perlomeno di rifiuto delle convenzioni, queste sono generazioni arrese al consumismo, ciò che canta un trapper è ciò che pensa il consigliere d’amministrazione di una società commerciale, e in quanto tale non mi interessa. Ma ci sono già esempi come Kendrick Lamar che iniziano a dare dignità al genere, e comunque sono mode passeggere. L’evento accaduto in discoteca non ha ovviamente nulla a che vedere con la musica, è solo che purtroppo ogni tanto qualcuno si inventa una nuova stupidaggine che uccide persone senza senso, oggi è lo spray ai concerti, ieri erano i sassi dal cavalcavia. Comunque andrà tutto via, secondo me niente è qui per restare.
Il 2018 è un anno di conflitti, non so quanto reali o apparenti. In Francia con i gilet gialli, in Italia con la scomparsa assoluta di ogni idea riconducibile alla sinistra; secondo te che sta succedendo?
Sto seguendo la questione dei Gilet Jaunes, ma immagino che il movimento si esaurirà entro pochi mesi se non settimane, mi stupirei del contrario. Per quanto riguarda la natura dei movimenti, sono molto eterogenei, alcuni punti sono condivisibili altri sono assurdi, ma la canzone è sempre la stessa: la sinistra non farà la cosa giusta inglobandoli e mettendosene alla guida, e quindi lo farà la destra, come sta succedendo dovunque. Soffiare su questi fuochi in direzioni illiberali è una strategia globale e nell’ombra aspettano, fregandosi le mani, Steve Bannon e Cambridge Analytica, per quanto questo possa suonare complottista. E’ di fatto un fenomeno inscindibile dal web: Internet è veramente un grande strumento di democrazia che dà voce a tutti, ma la maggioranza delle persone non ha gli strumenti per discernere il bene dal male – e chi capisce che è quella maggioranza che bisogna accaparrarsi, si prende davvero tutto, e questo sta succedendo. Ma finirà, ha da passà a nuttata, bisogna solo aspettare che queste tendenze si esauriscano, sperando non lascino troppi danni irreversibili (penso a Bolsonaro e all’Amazzonia).
Esistono oggi musicisti che non sono megafono dell’edonismo dominante, cioè sinceramente alternativi al modello europeo e americano (ormai credo sia quasi sinonimi)?
Ma ci sono, il problema è che chi è ragionevole e sinceramente progressista in questi anni di eccessi non può che apparire retrogrado. Come fa una rockstar ad essere più dirompente di Trump, di Salvini, di Berlusconi stesso? Sono quelli che ci guidano, adesso, che si ergono a baluardi della rottura, l’arte non ha nulla da rompere al momento, semmai da ricostruire.
Andiamo alle tue scelte.

John Prine – Tree of Forgiveness
John Prine – Tree of Forgiveness. Allora, i dischi che menziono li ho tutti ascoltati in questi ultimi due mesi, alcuni sono proprio usciti adesso, Per il primo in ordine di tempo devo ringraziare il mio amico Aldo (Al the Coordinator al secolo) ed è l’ultimo lavoro di John Prine, Tree of Forgiveness, un disco folk autentico di spessore adeguato all’esperienza dell’autore, che contiene la canzone più commovente del secolo (Summer’s End) che pare affronti un tema abbastanza scottante in USA, ovvero quello della dipendenza da oppioidi, una cosa che affligge le classi povere bianche soprattutto nel nordest – che poi dovrebbe essere la parte più benestante del Paese. Dico pare, considerando il videoclip della canzone: il testo, come molti testi di Prine, suggerisce piuttosto che dire. Poi ci sono brani come Lonesome Friends of Science che rappresentano punti di vista originali e pure ambigui.

Yves Tumor – Safe in the hands of love
Yves Tumor – Safe in the hands of love. E sempre dal Tennessee dove John Prine ha scelto di vivere, viene Yves Tumor, al secolo Sean Bowie, un musicista afroamericano che ha pubblicato quest’anno Safe in the hands of love, un disco stupendo, cattivo, cavernoso, schizofrenico, un’elettronica elegante e al contempo terribile, che non fa nessun prigioniero. Siamo su lidi diametralmente opposti rispetto a Prine, eh. Ecco, lui è un personaggio che si candida ad essere seriamente borderline, a partire dal suo stesso nome d’arte. Pare che adesso viva a Torino.

Kamasi Washington – Heaven and Earth
Kamasi Washington – Heaven and Earth. Terzo disco, ancora un altro afroamericano, ma di estrazione jazz, il sassofonista Kamasi Washington che aveva esordito con Kendrick Lamar e che ha dato alle stampe il nuovo lunghissimo Heaven and Earth. Washington è un compositore e polistrumentista di grandissimo talento, che rappresenta appieno la sua generazione, musicisti che hanno studiato musica ma anche bazzicato ogni genere. Io lo vidi anni fa in un open mic a Brooklyn a cui era presente anche Gregory Porter, all’epoca non erano nessun e suonavano gratis, oggi il secondo riempie gli stadi e il primo tornerà sulla costa est per suonare all’Apollo Theater di Harlem. Heaven and Earth è un disco al cui interno c’è di tutto, ma soprattutto una grande maestria nel districarsi nei diversi linguaggi musicali, con una punta di retrò che a me personalmente ricorda anche la musica da film italiana degli anni Settanta (ogni musicista americano contemporaneo ha in casa almeno un disco di Piero Umiliani).

Muqata’a – Inkanakuntu
Muqata’a – Inkanakuntu. E adesso andiamo invece in territori forse meno raffinati ma più acidi, con il disco di un DJ palestinese, Muqata’a, che firma il bellissimo Inkanakuntu, prima uscita per l’etichetta Souk, una neonata figlia della Discrepant Records, una collezione di beat che non ha paura del caos e della dissonanza estrema, un’operazione di pura creatività. Muqata’a proviene dalla scena hip hop di Ramallah, ma si vede lontano un miglio che non gli basta, e Inkanakuntu è un disco strumentale dove ogni sorta di campione è cotto in salsa dubstep ma con un piglio molto “vivo”, secondo me finirà alla Warp molto presto.

Angelo Badalamenti – David Lynch – Thought Gang
- Angelo Badalamenti – David Lynch – Thought Gang. Last but not least, come ho citato prima, è Angelo Badalamenti che con David Lynch negli anni Novanta, un po’ come facevamo tutti noi, si chiudeva in sedute lisergiche nello scantinato di casa sua dando vita a una serie di brani divertenti e malati, altro esempio di pura creatività, con atmosfere free jazz, rumoristiche, lo-fi e quell’attitudine che oggi manca un po’ a tutti, ovvero una musica nata senza la pretesa di suonare cristallina, di essere adatta all’airplay o alla riproduzione su youtube, ma invece un puro viaggio nei meandri della mente, nel pieno stile del duo americano. Il disco esce oggi a nome Thought Gang per Sacred Bones Records e lo trovate su Bandcamp. E’ un rapporto quello tra i due di amicizia prima di tutto, entrambi si sottraggono da sempre alle logiche del mercato e dell’intrattenimento contemporaneo, Badalamenti ci mette un po’ a decidere quali film accettare (e di richieste ne ha tante), Lynch fa quello che vuole o non fa. Lo studio di Angelo è oggi la grande casa del dirimpettaio, che lui ha comprato, nell’anonima e tranquillissima provincia del NJ, e al secondo piano c’è la stanza di David. Questi due sono riusciti ad attraversare quarant’anni facendo sempre solo quello che volevano, senza mai piegarsi alle logiche del jet set. Come non invidiarli?
Grazie tante Luigi per la tua consueta gentilezza e per darci sempre spunti interessanti, non solo musicali.
Ciao Valerio, sei sempre un grandissimo, spero di aver non aver deluso le tue provocazioni!
Gli album consigliati da Luigi Porto